Comunicato stampa del 9 maggio 2019
“Il Decreto Crescita contiene diverse norme
condivisibili, ma siamo convinti che si debba fare di più. E’ necessario un
piano industriale che rilanci la nostra economia e soprattutto mettere al
centro delle politiche attive chi il lavoro lo crea, vale a dire le nostre
imprese. Serve più coraggio nei provvedimenti del Decreto”. È la posizione
espressa questa mattina da Confapi nel corso dell’audizione, alla Camera,
presso le Commessioni Bilancio, Tesoro e Programmazione e Finanze in merito
alla conversione in legge del DL 30 aprile 2019, n. 34, il cosiddetto Decreto
Crescita.
“In primo luogo nel Decreto manca la proroga del credito d’imposta per le spese
in ricerca e sviluppo, misura attualmente in vigore fino al 2020 – evidenzia
Confapi – Non prevedere un sempre più forte investimento in questo settore è
penalizzante per tutte le piccole e medie industrie che devono innovare e che
non sempre hanno al loro interno, essendo piccole, propri centri di ricerca. Da
questo punto di vista, per crescere ed essere competitivi occorre innovare non
solo i sistemi di produzione, ma soprattutto i nostri prodotti. Il tema
dell’accesso al credito diventa focale. Il decreto contiene interventi per
sostenere la capitalizzazione delle Pmi, ma avrebbe dovuto osare di più e
proporre più strumenti alternativi all’accesso al credito. Non è infatti un
mistero che i canali alternativi a quello bancario, come i Pir e i Minibond,
non hanno raggiunto l’obiettivo di supportare le nostre industrie”.
“A tal proposito ci piacerebbe sapere di più sul piano strategico preannunciato
da Cassa depositi e prestiti di diventare nel prossimo triennio partner di 60
mila piccole e medie imprese: come Confederazione radicata in tutto il Paese
siamo pronti a partecipare attivamente a sostegno delle nostre industrie”.
“Non solo – prosegue Confapi – ma per dare maggiore liquidità e competitività
alle imprese è necessario accorciare i tempi di pagamento tra privati, tema
caro a Confapi. Infatti, secondo un nostro studio, abbassando i tempi di
riscossione del ciclo credito/debito a 60 giorni l’indebitamento finanziario
netto diminuisce di oltre il 55%: ciò consentirebbe di dare più forza
all’impresa che vuole investire. In questo senso, la misura introdotta nel
Decreto che obbliga le società a dare evidenza nel bilancio sociale delle
transazioni commerciali effettuate durante l’anno distinguendo tra quelle
intercorse con le grandi, le medie, le piccole e le micro imprese, è
condivisibili. Come sono condivisibili anche altri provvedimenti del Decreto,
da sempre richiesti dalla Confederazione: la reintroduzione del super
ammortamento per i beni strumentali tradizionali, la rivisitazione della
mini-Ires, la maggiorazione della deducibilità dell’Imu sui capannoni
industriali, il patent box, la norma sulle aggregazioni d’imprese, il sostegno
all’autoimprenditorialità, la salvaguardia del Made in Italy e dei marchi
storici”.
“Infine – conclude Confapi – sebbene non riguardi il provvedimento in esame,
ribadiamo che l’entrata in vigore del nuovo codice della Crisi d’impresa e
dell’insolvenza si sta concretizzando in un ulteriore fardello per le PMI. La
misura introdotta rischia infatti di avere un effetto dirompente sulle nostre
industrie, soprattutto su quelle meno strutturate.