Appare ormai abbastanza sicuro che, entro tempi non lunghi, per tutti i lavoratori delle aziende private verrà introdotto l’obbligo vaccinale contro il COVID mediante decretazione di urgenza, come anche auspicato dal presidente nazionale CONFAPI Maurizio Casasco.
Quel che appare assolutamente incerto sono invece le modalità operative, indicate dal governo, a cui dovranno attenersi gli imprenditori dalla PMI.
È pertanto opportuno un breve riassunto sullo stato dell’arte che tenga conto dei contributi dottrinari e giurisprudenziali sulle contrapposte posizioni, per evitare che anche comportamenti legittimi in astratto possano essere, in concreto, (essendo per ora fra CONFAPI e OOSSLL, in vigore solo il protocollo del 2020), contestati da lavoratori o da organizzazioni sindacali.
I favorevoli all’obbligo vaccinale in azienda “tout court”, fin dall’inizio hanno ritenuto estensivamente applicabile l’art 2087 del codice civile per il quale il datore è tenuto ad adottare tutte quelle misure che risultano necessarie a tutelare l’integrità fisica del prestatore di lavoro secondo gli standard più efficaci nella situazione del momento, in relazione al principio della massima sicurezza tecnicamente fattibile.
In ciò rifacendosi agli artt 279 e 20 del decreto legislativo 81/2008 con connessi obblighi di rielaborazione della valutazione rischi e correlata visita medica (artt 29 e 41 decreto citato ), quelli che si sono schierati contro l’obbligo vaccinale ovvero hanno manifestato tiepidezza, fanno riferimento ad una interpretazione garantista dell’art 32 cost. che prevede per la obbligatorietà della vaccinazione una specifica riserva di legge (vedi l. 833/1978).
Inoltre i principi generali dell’art 2087 cc come concretizzatisi nei protocolli sanitari in vigore non contemplano l’obbligo del vaccino così come l’art 279 sopracitato, e il piano strategico vaccinale non possono consentire nessuna assimilazione tra vaccinazione obbligatoria e vaccinazione raccomandata ( DM. 2/1/2021)
Ad abundantiam le regole in materia privacy pongono sbarramenti in mancanza di una specifica normativa (cfr. anche recenti risposte del garante a quesiti vari del 15/9/2021).
Ma mentre ora si è in attesa dell’auspicato intervento normativo come regolarsi per non avere in azienda sgradevoli fasi di conflitto e nel contempo ottenere il raggiungimento della piena produttività?
Palesemente la via maestra passa per l’utilizzo del medico competente nominato dall’azienda che può stabilire la idoneità o meno alla mansione specifica di chi non si è vaccinato, giudizio come noto impugnabile in Commissione medica.
Qualora vi sia inidoneità totale o parziale per la prestazione ed una comprovata impossibilità di ricollocare il dipendente la soluzione prescelta dal datore potrà essere quella di sospendere dal lavoro e dalla retribuzione il dipendente ovvero operare con interventi similari. Sempre che l’atteso intervento legislativo non preveda altre e diverse sanzioni le quali seguiranno il loro naturale iter.
Non si trascuri inoltre che potrebbe essere firmato fra le parti sociali uno specifico protocollo che contempli soluzioni concordate, come per esempio la già ipotizzata fruizione di tamponi.
Ufficio Relazioni Industriali