GENTILE CANDIDATO CI PERMETTE 10 DOMANDE SULLE PMI IN EUROPA?

Abbiamo tratto dal manifesto CONFAPI per le prossime elezioni europee, 10 domande che sono state girate ai candidati per il territorio della provincia di Latina, con lo scopo principale di documentare le principali istanze politiche inerenti lo sviluppo delle PMI, che ogni candidato si impegna a sviluppare con il relativo gruppo politico di appartenenza, nel parlamento europeo.

Ci hanno preso in seria considerazione e vogliamo ringraziare:

Massimiliano Smeriglio – Candidato per il PD
nella Circoscrizione Italia Centrale
Salvatore De Meo – Candidato per Forza Italia
nella Circoscrizione Italia Centrale
Matteo Adinolfi – Candidato per la Lega di Matteo Salvini
nella Circoscrizione Italia Centrale
Gianluca Macone – Candidato per Movimento 5 Stelle 
nella Circosrizione Italia Centrale

Di seguito riportiamo fedelmente i testi ricevuti; siamo sempre disponibili a integrare quanto sopra con le risposte dei candidati del territorio non citati.

  1. Come intende promuovere l’idea europea?
Il Lazio è una grande economia. Vale quella di interi Paesi. Il nostro PIL è superiore a quello del Portogallo. La nostra regione ha più occupati dell’Irlanda e quasi quelli della Finlandia, nella nostra regione si investe in ricerca e sviluppo più di quanto si investe in tutta l’Ungheria o la Grecia. Sono qui le teste di tante imprese che hanno le gambe nel mondo. Cito il Lazio perché è la più grande tra le regioni del collegio elettorale, ma un lo stesso approccio, la valorizzazione del territorio all’interno di una rete europea, vale anche per la Toscana, le Marche e l’Umbria. Considero prioritario il coinvolgimento dei cittadini, delle imprese e delle organizzazioni della società civile nella promozione di un maggiore senso di appartenenza all’Unione europea. A tale scopo è indispensabile promuovere iniziative, dibattiti e riflessioni in materia di cittadinanza e democrazia, valori condivisi, storia e cultura comuni, coesione, ricerca e sviluppo sostenibile. Vogliamo costruire un’Europa diversa, l’Europa dei popoli. I popoli europei devono avere la possibilità di esprimere le proprie idee, senza dover obbligatoriamente accettare un insieme di norme calate dall’alto, e senza che le stesse abbiano il minimo contatto con la realtà quotidiana delle persone. “Unità nella diversità” è il motto nonché la vera forza dell’Unione europea. Il nostro Continente è da sempre caratterizzato da profonde differenze di lingua, cultura, tradizioni, istituzioni politiche ecc. È su queste diversità che bisogna puntare per rafforzare, ancora di più, lo spirito comune europeo. Abbiamo in mente un’Europa che sia davvero l’Europa dei popoli e non degli interessi dei singoli paesi o peggio delle banche d’affari,  per questo abbiamo delineato sei punti da portare nell’istituzione Europea, più democrazia diretta,  stop privilegi e austerity per favorire la piena occupazione e lo sviluppo sostenibile. Tutela delle persone, della salute e dell’ambiente, e fondamentale sarà il nostro impegno nel favorire  il Made in Italy e le PMI, vogliamo essere protagonisti ed innovatori di una istituzione che risulta troppo vecchia e non adeguata ai tempi, toccheremo temi come quelli sull’immigrazione chiedendo una politica comune  per la redistribuzione  e non lasceremo indietro la lotta contro la  grande evasione, la  corruzione e la  criminalità. In Europa c’è bisogno di noi, in Europa c’è bisogno di voi. Cambiamola insieme questa Europa

2. Imprenditorialità – Quali iniziative e quali politiche intende applicare il suo schieramento politico per avere più imprenditorialità in Europa?

Mettendo al centro le esperienze virtuose del nostro tessuto economico, sia quelle dei grandi protagonisti come l’ENI, l’ENEL, Leonardo e insediamenti importanti come la FCA di Cassino, sia la ricchezza delle imprese medie e piccole che dialogano con i mercati internazionali. Penso a realtà come la ICONT di Pontinia che il Financial Times ha riconosciuto come l’impresa italiana con il maggior tasso di crescita, la n. 40 in Europa. Guardiamo con attenzione al mondo delle startup ed a quello delle industrie creative. Realtà che stanno crescendo e dimostrando ogni giorno di più la vitalità del nostro fare impresa. L’Italia è quart’ultima al mondo per tasso di imprenditorialità. E’ un dato preoccupante e i rimedi principali sono la formazione, finalizzata a valorizzare nei sistemi scolastici l’educazione imprenditoriale, e l’aumento della capacità competitiva delle imprese con maggiori investimenti in ricerca e nuove tecnologie per promuovere le produzioni territoriali. Puntare allo sviluppo e all’innovazione salvaguardando al contempo le caratteristiche di alto livello degli standard produttivi europei e per valorizzare la qualità del nostro “saper fare” e delle nostre eccellenze industriali e agro-alimentari. Dare sostegno alle micro e piccole imprese nel rinnovamento dei loro processi produttivi, integrandoli con quella parte del sistema industriale già interconnessa, quale presupposto per lo sviluppo di una strategia che miri alla più ampia diffusione delle tecnologie avanzate Nel nostro programma prevediamo la richiesta di bloccare le politiche di  Austerity per favorire la piena occupazione e lo sviluppo sostenibile nel nostro paese, vogliamo  cambiare il mandato della Banca Centrale Europea; oggi l’obiettivo è quello di assicurare che il tasso di inflazione di medio periodo all’interno dell’Unione sia inferiore e prossimo al 2%, un’ossessione per l’evoluzione dei prezzi come obiettivo principale non può favorire la crescita ne qualsiasi forma di imprenditorialità per questo la nostra proposta prevede che la crescita economica e la piena occupazione vengano inseriti tra gli obiettivi della BCE. L’ articolo 2 dello Statuto della BCE recita: “fatto salvo l’obiettivo della stabilità dei prezzi, esso sostiene le politiche economiche generali della Comunità al fine di contribuire alla realizzazione degli obiettivi della Comunità definiti nell’articolo 2 del trattato”. La BCE, al contrario, dovrebbe avere come primo obiettivo la crescita economica e solo dopo quello della stabilità dei prezzi

3. E-government – Se ne parla tanto, ma non riusciamo a ottenere una riduzione della burocrazia, in molti contesti è addirittura aumentata: come fare per ridurla?

Meno carta, più digitale. E’ indispensabile semplificare   la   burocrazia    e    promuovere    le    innovazioni    per    le    imprese. La semplificazione amministrativa per le imprese in particolare le piccole e le micro deve guardare alle potenzialità del digitale. I nuovi strumenti tecnologici vanno utilizzati per rendere più accessibile l’attività amministrativa alle imprese. E’ possibile ed è indispensabile snellire la burocrazia e migliorare i servizi. In tale ambito Cina e Stati Uniti stanno destinando stanziamenti economici ingenti, mentre l’Unione Europea fatica a non rimanere indietro. Eppure l’insieme dei servizi che le istituzioni, da quelle locali a quelle nazionali, mettono a disposizione dei cittadini attraverso internet deve essere considerato sia come un processo di semplificazione dell’attività amministrativa che come un ulteriore passo avanti verso una maggiore partecipazione del cittadino alla vita democratica, che fornisce ai cittadini strumenti per poter monitorare e valutare le iniziative e la qualità del servizio pubblico. Dove intervenire? Nel miglioramento dell’accesso, per utenti ed imprese, ai beni digitali nell’intero territorio europeo tramite la semplificazione dell’e-commerce e la modernizzazione dei diritti di copy-right. Nell’aumento della trasparenza e della protezione dei dati personali. Negli investimenti sulla banda larga, ormai imprescindibile. E infine nell’adozione di misure legislative per istituire nel minor tempo possibile un vero e proprio Mercato Digitale Unico. In pochi anni gli Stati UE potrebbero beneficiare di un incremento di diversi punti percentuali del PIL e, al tempo stesso, i costi per le pubbliche amministrazioni statali si ridurrebbero considerevolmente. Quanto a competenze digitali, l’Italia è fanalino di coda dell’UE, la funzione burocratica nel nostro Paese si stia adeguando alle esigenze di modernizzazione scaturite da un mondo sempre più tecnologico, connesso e digitale. È necessario innanzitutto un miglioramento della situazione amministrativa italiana, miglioramento che può certamente essere causato dall’introduzione di meccanismi digitali più partecipativi, inclusivi, democratici e personalizzati. Un miglioramento che deve avere come base uno sviluppo delle abilità tecnologiche prima dei funzionari e poi dei cittadini, maggiore accessibilità ad internet per tutti, anche nelle aree più svantaggiate del territorio nazionale; maggiore chiarezza per quanto riguarda la fruizione di servizi online, processi lineari e semplici che siano in grado di aiutare chi è meno portato all’utilizzo dei mezzi di comunicazione telematici. La Digitalizzazione delle Pubbliche Amministrazioni è oramai un’esigenza inevitabile il coinvolgimento e la  partecipazione dei cittadini nei processi decisionali, bisogna mettere attenzione e sostegno maggiori ai servizi pubblici e al loro finanziamento e ridurre il  digital divide nel settore pubblico, ma anche tra aree geografiche; Open Data come paradigma di una data economy che parta dalla Pubblica Amministrazione.

4. Mercato unico – Come ritiene di poter contribuire ad aiutare gli imprenditori nel riconoscerne e sfruttarne appieno il potenziale?

Sostenendo con incentivi le piattaforme logistiche, l’accesso alle grandi fiere internazionali, le piccole produzioni, quell’artigianato agricolo che sta conoscendo grande diffusione e che ha ancora maggiori potenzialità in mercati che sempre più chiedono autenticità, rapporto con la terra. Ci batteremo per una politica europea che mantenga gli stessi livelli di finanziamento, semplifichi le regole ed elimini passaggi burocratici, concentri le risorse su obiettivi senza disperderle.   Uno dei principali successi dell’UE è proprio il mercato unico, nato nel 1993. Le piccole e medie imprese sono i destinatari privilegiati delle politiche europee, per la competitività e la crescita sostenibile. Bisogna aiutarle a beneficiare delle opportunità offerte dal mercato unico e ciò sarà maggiormente possibile facilitandone la partecipazione agli appalti pubblici e utilizzando meglio le possibilità degli aiuti di Stato, agevolare il loro l’accesso al credito, promuoverne l’aggiornamento delle competenze e ogni forma di innovazione. Solo ponendo al centro della politica europea le piccole e medie imprese esse potranno beneficiare della crescita dei mercati e contribuire a creare ricchezza. Inoltre, importante sarà potenziare l’esperienza Erasmus per giovani imprenditori, consentendo loro di apprendere da professionisti già affermati che gestiscono piccole o medie imprese in un altro paese partecipante al programma. Le nostre imprese si muovono all’interno di un mercato unico europeo condi-zionato, sempre più spesso, da rapporti commerciali con Paesi terzi governati da FTA (free-trade agreements) penalizzanti. È necessario rimuovere dal mercato economico gli ostacoli che ancora sussistono, come il fiscal dumping e creare nuove opportunità per i consumatori e per le imprese, incoraggiando sempre l’ammodernamento e l’innovazione. Quella del Mercato Unico è una questione sempre aperta, sono infatti moltissimi i suoi benefici. Ma, al tempo stesso, presenta ogni giorno problematiche difficili da risolvere  per via della continua evoluzione, e per via della contraffazione che riguarda maggiormente le nostre eccellenze soprattutto alimentari, lavoreremo per proteggere il made in Italy e per tutelare le nostre imprese, sarà necessaria attenzione e presenza nelle sedi opportune, ed in questo il Movimento ha già dimostrato impegno piu di ogni altra forza politica presente in Europa,  lavoriamo  nell’interesse dei cittadini, dei consumatori e delle imprese

5. Tassazione – Nell’UE esistono ad oggi situazioni sulla tassazione che squilibra di molto la concorrenza con mercati dei vari paesi che la compongono, fino a non poter assicurare lealtà: cosa intende fare politicamente?

Per evitare il circolo vizioso tra recessione e austerità, è necessario avere un bilancio dell’eurozona, finanziato da specifiche risorse proprie, Eurobond e da una quota dei profitti della Bce, per perseguire politiche anticicliche attraverso l’erogazione di un’indennità europea di disoccupazione per i paesi in recessione o con un numero alto di persone senza lavoro. I profitti delle grandi multinazionali, a partire da quelle dell’economia digitale, vanno tassati dove sono effettivamente realizzati e non spostati artificialmente in Paesi a bassa tassazione. Per contrastare la concorrenza fiscale sleale bisogna approvare la base imponibile comune e consolidata per le imprese, la digital tax e introdurre un’aliquota minima effettiva europea del 18% sulle imprese. In materia fiscale bisogna passare dal voto all’unanimità a quello a maggioranza qualificata. Come è noto l’Unione Europea non ha un ruolo diretto nella riscossione delle imposte o nella fissazione delle aliquote, poiché importi e modalità di riscossione e di spesa sono decisi dai governi nazionali. Il compito dell’UE è di vigilare sulle norme fiscali nazionali in alcuni settori, in particolare in relazione alle politiche europee per le imprese e i consumatori. Ciononostante la necessità di armonizzare le regole fiscali in Europa è priorità assoluta. Tale armonizzazione non dovrebbe essere finalizzata ad accrescere il livello di imposizione bensì essere mirata a correggere le distorsioni esistenti, create dalla competizione fiscale nell’ambito dell’UE, principalmente nel settore imprenditoriale. Se l’Italia avesse una pressione fiscale allineata alla media europea, che è di diversi punti più bassa, le nostre imprese ne beneficerebbero sensibilmente e pertanto considero prioritario impegnarmi in tale ambito. Occorre contrastare l’evasione e il dumping fiscale. In Europa esistono 28 sistemi fiscali differenti, nell’Unione Europea l’Italia è in coda alla capacità di attrarre investimenti esteri, peggio di noi fa solo la Grecia. Sono necessarie politiche coraggiose per contrastare le diseguaglianze non solo economiche, ma anche sociali, in quanto anche il dumping sociale sta generando situazioni di disparità di trattamento dei lavoratori dell’UE per quanto concerne la retribuzione e la previdenza sociale. Un fisco equo dicendo stop ai paradisi fiscali ricordiamo gli scandali LuxLeaks, Panama e Paradise Papers  che hanno svelato qual è la vera emergenza europea: i paradisi fiscali, interni ed esterni all’Unione, consentono a multinazionali e super-ricchi di eludere tasse per centinaia di miliardi di euro ogni anno con la complicità di molti governi. Il mancato gettito di queste tasse crea per molti Stati membri squilibri finanziari e non consente di impegnare risorse idonee per aiutare chi vive in condizione di povertà e di deprivazione materiale.
Abbiamo sviluppato alcune proposte per  mettere fine all’era dei paradisi fiscali
Principalmente sosteniamo che bisogna abbandonare su scala nazionale incentivi e pratiche fiscali dannose ponendo  fine all’agguerrita concorrenza fiscale fra Paesi , le multinazionali che lavorano in Italia devono pagare le tasse in Italia. Bisogna quindi introdurre un obbligo di rendicontazione pubblica Paese per Paese per tutte le multinazionali, così da conoscere quanto versano in imposte nei diversi Paesi in cui operano. La soglia, approvata dal Parlamento europeo, di 750 milioni di euro di fatturato per le imprese che devono rendicontare va abbassata.
Ci sarà bisogno di applicare la 5° direttiva antiriciclaggio per creare registri pubblici dei proprietari effettivi delle aziende e impedire i trasferimenti in forma anonima dei proventi dell’evasione ed elusione fiscale e per ultimo , ma non certo per importanza

6. Migrazione – Condividere le sfide, assumersi responsabilità; quali politiche?

Occorre approvare la riforma del regolamento di Dublino sula base del testo votato dal Parlamento. Il principio è che chi arriva in Italia arriva in Europa, e serve un sistema europeo imperniato sui principi di solidarietà e di equa ripartizione, che tuteli i diritti e le libertà fondamentali e sanzioni i paesi che non fanno la loro parte. Bisogna arrivare a una gestione comune delle frontiere europee e alla definizione di vie legali della migrazione che consentano la gestione dei flussi e la realizzazione di politiche di integrazione a partire del rafforzamento del Fondo Asilo Migrazione e Integrazione. Se il problema delle migrazioni è sempre più pressante lo si deve proprio alla mancanza di condivisione in ambito europeo. Questo è un ambito in cui la UE ha molte responsabilità e l’Italia è stato forse il Paese che ne ha pagato lo scotto maggiore, soprattutto negli ultimi anni. In qualità di componente del Comitato Europeo delle Regioni ho condiviso pienamente le raccomandazioni espresse lo scorso anno dalla nostra Assemblea, con cui abbiamo chiesto all’UE di rafforzare il sostegno alle città, alle regioni e ai paesi di frontiera che sono in prima linea nella gestione della migrazione e, al tempo stesso, una maggiore condivisione delle responsabilità a livello europeo e un aumento degli investimenti. Per rimuovere le cause dei massicci fenomeni migratori è infatti necessario attuare un piano economico nei paesi di provenienza per investire in formazione, creare infrastrutture e avviare sviluppo economico. Inoltre, a fronte di regole comuni nella gestione dei flussi migratori, si dovrebbero escludere dalla ripartizione dei finanziamenti europei i paesi che non garantiscono la relativa parte di accoglienza. Uno dei temi che preoccupano maggiormente gli italiani in questo momento è legato alla sicurezza. L’attuale crisi dei migranti ha evidenziato i limiti del sistema europeo, l’Europa che nascerà dopo il 26 maggio deve puntare a proteggere le sue frontiere attuando politiche di prevenzione e di contrasto verso la migrazione illegale, aumentando le capacità di protezione delle frontiere e migliorando le procedure di rimpatrio. Le politiche sono e restano quelle di una ripartizione equa dei migranti tra stati membri, la cooperazione è fondamentale dobbiamo lavorare duramente per cambiare i trattati che ad oggi hanno creato squilibri importanti, tutta la comunità europea deve farsi carico di questo problema non può scaricare il fardello solo su determinati paesi che sono per conformazione geografica piu esposti di altri,  c’è anche bisogno di creare contatti  internazionali  finalizzati  alla stipula di accordi per i rimpatri

7. Ricerca, innovazione e digitalizzazione – In quale direzione si orientano le politiche del suo schieramento per aiutare le PMI?

Per rilanciare la crescita, l’occupazione e affrontare le sfide della sostenibilità sociale e ambientale occorre un piano straordinario di investimenti in capitale umano, ricerca, infrastrutture materiali, immateriali e sociali, energie rinnovabili, welfare. Un piano finanziato dal bilancio europeo (da portare all’1,3% del Pil), da Eurobond emessi dalla Bei e acquistati dalla Bce e dagli Stati membri attraverso lo scorporo dal calcolo del deficit degli investimenti. Digitalizzare deve essere la parola chiave per il futuro delle PMI. L’Unione deve impegnarsi a promuovere un accesso più semplificato ai finanziamenti, anche creando un Fondo di investimento europeo ad hoc per la digitalizzazione. Ma ciò non è comunque sufficiente, perché parallelamente è necessario potenziare il programma europeo di finanziamento per la ricerca e l’innovazione investendo in maggior misura nell’innovazione delle aziende. Così come è essenziale accrescere la formazione dei dipendenti. L’UE dovrebbe, ad esempio, investire milioni di Euro per consentire a migliaia di studenti di poter effettuare tirocini nelle aziende tecnologiche con l’obiettivo di migliorare le loro competenze e prepararli alle nuove e moderne modalità imprenditoriali. Semplificare, razionalizzare e ridurre, anche attraverso la digitalizzazione, gli adempimenti burocratici connessi alla gestione amministrativa. Sempre più la competitività dei sistemi produttivi si lega al livello di digitalizzazione delle imprese. Esiste un vero e proprio “digital divide” che frena il Lazio rispetto ai suoi competitori europei e globali e rallenta la nostra crescita: circa l’87% delle imprese del Lazio non ricorrono al digitale nelle loro attività; il 47% delle imprese con più di 250 addetti utilizza in maniera stabile nuove tecnologie nella propria attività. Si rende perciò necessaria un’azione strategica sul digitale della Regione nei confronti del proprio tessuto produttivo. Aumentare il numero di imprese che ricorrono alle tecnologie digitali significa aumentare la competitività delle imprese, e quindi migliorarne i processi, generare risorse per nuovi investimenti, ampliarsi e assumere. Per quel che riguarda la digitalizzazione  un punto fondamentale del nostro programma è  il riconoscimento dell’identità digitale. Siamo convinti che sia compito della politica pensare al futuro. La digitalizzazione offre delle opportunità che devono essere messe a disposizione dei cittadini, per poter innanzitutto  aumentare i loro diritti. Il mondo di Internet crea nuovi diritti che devono essere tutelati.
Ed in questo settore l’Unione Europea gioca un ruolo fondamentale, c’è necessità di comprimere la differenza tra una fascia di popolazione moderna e benestante e una tecnologicamente ai margini.
Alla cittadinanza europea va affiancata la e-cittadinanza che comprenda il riconoscimento dell’identità digitale, vale a dire tutte le informazioni reperibili in rete sul cittadino. L’identità digitale è riconducibile nell’ambito dei diritti fondamentali della persona, quelli affermati dall’art. 8 (“Protezione dei dati di carattere personale”), dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e riconosciuti dall’art. 16 del TFUE.
Il diritto all’identità digitale ricomprende il diritto alla riservatezza e protezione dei dati, il diritto all’oblio e il diritto all’accesso ad Internet. Chiediamo che il Parlamento europeo riconosca il diritto all’identità digitale quale diritto fondamentale della persona, precisandone i contenuti e i limiti.  Piu fondi per ricerca è innovazione sono un imperativo in questa fase e noi lo sappiamo piu di tutti. Abbiamo  infatti creato l’alternativa politica proprio usando la rete e tutte sue  possibilità,, per quel che riguarda le PMI  basti pensare che  siamo l’unico schieramento politico che ad oggi con il taglio dello stipendio dei  propri parlamentari ha finanziato il fondo nazionale a favore delle piccole e medie imprese. Siamo innovatori digitali per nascita

8. Istruzione e formazione professionale – Ritiene necessario sviluppare standard comuni per migliorare gli scambi per un futuro comune?

La conoscenza, la formazione permanente, la ricerca sono gli strumenti fondamentali per affrontare la sfida dell’innovazione, della trasformazione del lavoro, della sostenibilità, dell’inclusione e della costruzione della cittadinanza europea. Per questo occorre rendere più europei i percorsi di studio e di formazione, mobilitare le risorse necessarie a livello europeo e nazionale e introdurre obiettivi ambiziosi e vincolanti all’interno del semestre e dei programmi europei: a) triplicare i fondi per Erasmus+ nel periodo 2021-2027 portandoli a 45 miliardi come richiesto dal Parlamento; b) entro il 2024 riconoscimento reciproco e automatico di tutti i titoli di studio e dei periodi di studio all’esterno; c) entro il 2030 raggiungere in tutta Europa la percentuale di: • 50% di laureati;• dispersione scolastica sotto il 5%;• servizi educativi per il 50% dei bambini tra 0-3 anni e per il 100% di quelli tra 3-6• 5% del Pil dedicato alla ricerca La domanda di abilità e competenze di livello superiore crescerà sempre più e pertanto i sistemi di istruzione devono impegnarsi a innalzare gli standard di qualità e il livello dei risultati di apprendimento per rispondere adeguatamente al bisogno di competenze e consentire ai giovani di inserirsi con successo nel mondo del lavoro. Il quadro strategico per la cooperazione europea nel settore dell’istruzione e della formazione, denominato “ET 2020”, prevede che si perseguano nell’UE quattro obiettivi comuni: garantire apprendimento permanente e mobilità; migliorare qualità ed efficacia dell’istruzione e della formazione; promuovere equità, coesione sociale e cittadinanza attiva; incoraggiare creatività, innovazione e spirito imprenditoriale a tutti i livelli dell’istruzione e della formazione. Solo garantendo tali standard comuni saranno garantite comuni opportunità. E a proposito di opportunità, è fondamentale ampliare quelle offerte dal programma Erasmus+ in attuazione del Programma europeo per l’istruzione e la formazione, che interessano università, istituti formativi, centri di ricerca e imprese private. Innanzitutto occorre preparare dei professionisti in grado di gestire le diversità culturali esplorando nuovi criteri di base e metodi comuni per identificare i nuovi fabbisogni formativi. I contenuti dei programmi di formazione da sviluppare devono basarsi sui risultati delle indagini regionali relative all’economia e alle competenze necessarie per i nuovi profili occupazionali. L’Unione Europea si avvale già di agenzie tecniche internazionali che nel campo dell’Istruzione e della formazione professionale conducono un’attività di ricerca, analisi, documentazione e sostegno tecnico alla Commissione. La futura cooperazione nell’istruzione all’interno dell’UE dovrebbe essere parte di una più vasta strategia volta a stabilire il dialogo con i paesi partner di tutto il mondo, volta ad evidenziare i valori e le competenze dell’Ue. Erasmus per tutti  e più fondi per gli studenti più questa Europa sarà omogenea più riuscirà  ad essere fattiva, non ci sono alte strade dobbiamo necessariamente trovare un sistema per uniformarci senza pero rinunciare ognuno alle proprie peculiarità

9. Commercio estero – Come si potrebbe superare il protezionismo e rimuovere gli ostacoli al commercio in modo trasparente?

L’Europa è la sola risposta che possiamo dare alla globalizzazione e ai suoi effetti negativi in termini di incertezza sociale, di competizione sleale, di insicurezza personale, di timori e paure che scuotono la vita dei cittadini ogni giorno. Il commercio internazionale può essere uno strumento in più per dare forza all’Europa di fronte alle sfide globali. Occorre rafforzare la dimensione sociale e ambientale degli accordi commerciali internazionali, promuovere l’internazionalizzazione delle Piccole e Medie Imprese e potenziare strumenti quali il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione. Alla luce del recente aumento del protezionismo in molte parti del mondo, l’impegno dell’Unione Europea per rimuovere gli ostacoli agli scambi è diventato ancora più importante. Molto si è fatto ma molto resta ancora da fare. Le nostre PMI devono avere garanzie per poter competere in condizioni di parità quando cercano opportunità di esportazione e investimento in paesi terzi. L’UE dispone di appositi strumenti e se ne deve servire costantemente per eliminare gli ostacoli commerciali, avviare azioni di risoluzione delle controversie e istituire misure di difesa commerciale in caso di pratiche commerciali sleali. L’Unione deve ridurre e semplificare il complesso sistema di regole che rende sempre più difficile raggiungere il vero potenziale del Mercato Interno UE e deve imporre una vera indicazione di origine obbligatoria sui prodotti destinati ai consumatori a tutela dei produttori onesti e quale strumento fondamentale per rendere efficace la lotta contro la contraffazione, la violazione dei marchi e la circolazione del falso “made in Italy”. La globalizzazione richiede un maggiore scorta  politica nelle attività internazionali , per ottenere maggiore sviluppo del marcato dobbiamo  necessariamente occuparci  delle piccole e medie imprese rafforzando il libero scambio e supportando l’OMG stipulando accordi equi e potenziando la lotta contro il protezionismo e tutte le forme di contraffazione dei prodotti, le regole devono essere necessariamente uniformi per ottenere parità in materia di concorrenza

10. Politica   estera   e    di   sicurezza    comune   – Quali sono i progetti politici per garantire una maggiore protezione per l’Europa

L’Europa è già oggi uno dei maggiori attori global: il più vasto mercato del mondo, la seconda economia del mondo, il primo partner commerciale per la maggior parte dei paesi del mondo. Il lavoro strategico e di consolidamento della politica estera e di sicurezza dell’Unione europea, messo in campo in questi cinque anni dall’Alto Rappresentante Federica Mogherini, ha dato maggiore coerenza all’azione esterna dell’Europa, ha messo la sua forza al servizio della cooperazione internazionale, della pace e della sicurezza globale, del multilateralismo, della promozione e della difesa della democrazia, dei diritti umani e dello stato di diritto. Questo lavoro va ripreso e rilanciato con forza in un quadro geopolitico in forte cambiamento. Dobbiamo contrastare nuove politiche di potenza e contrapposizione e riaffermare che solo uniti, insieme, in Europa possiamo dare risposta ai conflitti e alle sfide globali. Solo se esercita tutta la sua responsabilità collettiva e il suo immenso potenziale, l’Europa può pesare nella politica internazionale. Per questo occorre che le decisioni non siano vincolate all’unanimità dei governi nazionali, si favorisca l’integrazione militare europea e si lanci il Fondo Europeo per la Pace, dotato di 10,5 miliardi di euro, per sostenere l’azione europea nelle operazioni di pace e la cooperazione in materia di sicurezza. Innanzitutto bisogna concertare una reale politica di difesa unica europea, più efficace di quella dei singoli Stati membri. Nell’ambito della PSDC la Commissione Europea ha presentato nel 2018 una proposta di regolamento per l’istituzione del “Fondo europeo per la difesa” finalizzato a migliorare competitività, innovazione, efficienza e autonomia dell’industria della difesa UE. Tale proposta, che integra in un unico Fondo nell’ambito del prossimo quadro finanziario pluriennale 2021-2027 le iniziative di ricerca e sviluppo del settore industriale della difesa, implica un maggiore sostegno alle PMI in tale settore, in cui esse rivestono un’importanza rilevante. E’ necessario favorire, in particolare, un sostegno alle reti regionali di PMI e il loro coinvolgimento nei futuri programmi di ricerca e tecnologia dell’Unione Europea. La politica italiana deve tornare a ispirarsi, all’interesse nazionale. Il primo interesse nazionale è quello di esser padroni a casa nostra e rivendicare il diritto a costruirci un futuro al riparo dalle ingerenze estere più ingombranti. Il secondo fondamentale interesse nazionale è quello alla sicurezza, in particolare da minacce come il terrorismo, l’estremismo islamico, i flussi migratori incontrollati. Proponiamo  una  Direttiva antimafia sul modello italiano. La mafia non è più un fenomeno locale che riguarda solo l’Italia, ma è un problema che travalica i confini nazionali per investire tutti gli Stati membri dell’Unione, nessuno escluso. La mafia va contrastata a livello europeo.
Il  Movimento 5 Stelle per combattere efficacemente la criminalità organizzata in tutta Europa propone anche di introdurre degli strumenti di monitoraggio a livello europeo degli appalti pubblici, per evitare che chi ha commesso reati in uno Stato possa partecipare a gare d’appalto in un altro Stato,riconoscere le prove raccolte nei procedimenti penali nei diversi Paesi membri e utilizzare un sistema unico per la trasmissione delle informazioni necessarie ad effettuare le indagini di polizia. È necessario rivedere il regime europeo sulla confisca per permettere di confiscare i proventi delle attività criminali anche in assenza di condanna definitiva in caso di morte del reo e di prescrizione del reato, per fare questo è necessario rinforzare la cooperazione giudiziaria e di polizia a livello europeo